Pigneto it

A partire dalla fine del 1800 nella zona si sviluppa senza una precisa programmazione urbanistica un rilevante raggruppamento di fabbriche e stabilimenti industriali più o meno grandi, di laboratori e di botteghe artigiane, che andranno a occupare un’area complessiva di parecchi ettari là dove terminava la città subito fuori di porta Maggiore.
Questo agglomerato industriale determinerà l’espansione edilizia e urbanistica del Pigneto ad opera di privati e delle cooperative edilizie di ferrovieri, netturbini e tranvieri che costruiranno le case, al di fuori di qualsiasi disegno urbanistico unitario, intorno alla tortuosa via del Pigneto.

Il Pigneto nell’immediato dopoguerra era divenuto uno dei maggiori insediamenti popolari e proletari di Roma; trovandosi esattamente tra San Lorenzo e Tor Pignattara, a partire dall’inizio del 1900 l’intera zona orientale e sud orientale della Capitale era caratterizzata da una forte presenza di lavoratori di diverse realtà industriali, nonostante che tanto la Monarchia quanto Mussolini non favorirono mai il costituirsi di grosse concentrazioni operaie in una stessa area della Capitale col chiaro intento di poterne meglio controllare eventuali proteste.

Il Pigneto ex borgata sorta spontaneamente per volontà di singoli risparmiatori e di cooperative, al di fuori di qualsiasi disegno pianificatorio unitario, un luogo denso di relazioni e di umanità, scelto come scenario significativo per alcuni dei più importanti film del Neorealismo e non solo: da „Roma Città Aperta“ (Rossellini, ’45) a „Bellissima“ (Visconti ’51); da „Domenica della brava gente“ (Majano’53) a „Il Ferroviere“ (Germi ’55); da „Audace colpo dei soliti ignoti“ (Loy ’60) per arrivare ad „Accattone“ di Pasolini (’60). La vocazione naturale del Pigneto ad essere scenario cinematografico è ascrivibile alla particolarità della storia che nelle sue vie si è stratificata: una storia fatta di gente semplice, ferrovieri, operai, botteghe artigianali che pullulavano in una periferia sorta a pochi passi dal centro di Roma. Quella periferia che affettuosamente lo stesso Pasolini chiamava „la corona di spine che cinge la città di Dio“.

Susanna Perin